Andare in chiesa? E perchè mai?

Le statistiche evidenziano che molti dei figli di credenti vanno in chiesa solo fino a quando i genitori riescono ad obbligarli, scappano appena possono e non fanno mistero di questo loro desiderio di fuga.
La domanda è sempre la stessa: cosa fare per arginare questa fuga?
 
Le statistiche evidenziano che molti dei figli di credenti vanno in chiesa solo fino a quando i genitori riescono ad obbligarli, scappano appena possono e non fanno mistero di questo loro desiderio di fuga.
La domanda è sempre la stessa: cosa fare per arginare questa fuga? Io però vorrei brevemente riflettere su altre domande: perché lo si vuole fare? Perché i ragazzi scappano?
Questa generazione, in generale, non rifiuta il cristianesimo ma, guardando le generazioni precedenti, dice “sarà anche tutto vero, ma certamente non funziona”.
Cosa c’è di così poco attraente nel messaggio di amore, speranza e salvezza eterna che in 2000 anni ha trasformato milioni di vite? Si potrebbe dare la colpa al fatto che questa generazione cerca solo divertimento, non vuole pensare e rifiuta le regole.
Può anche essere vero, ma in anni trascorsi cercando di amare, capire e servire i giovani egli adolescenti raramente ho trovato questo atteggiamento. Ho trovato soprattutto la voglia di fuggire da una vita che già a 14-15 comincia a rivelarsi per quella che è: senza senso.
Crolla la famiglia, crollano tutti i valori in cui si poteva credere e a questi ragazzi non rimane nessun punto di riferimento in un’età decisamente difficile e in un mondo molto complicato, dove non c’è speranza per il futuro e niente è più vero.
 
 
Forse non è il messaggio di Cristo che non attrae più, forse ciò che fa scappare i ragazzi è il modo in cui viene presentato. Troppo spesso la fede viene usata come un comodo metodo per imporre modi di comportamento ed evitarne altri. Il credente non fuma, non va in discoteca (una volta non guardava la TV né andava al cinema), non si veste in un certo modo, va a tutte le riunioni, frequenta il meno possibile i non credenti. Il credente non deve fare certe cose e deve farne altre e se si sbaglia arrivano giudizi e sensi di colpa (quanti sono i sensi di colpa negli adolescenti!).
 
Ma un credente, prima di tutto, non dovrebbe essere una persona redenta, felice perché Dio lo ama malgrado sia un peccatore? Una persona che vive per amare Dio e gli altri? Non dovremmo forse far vedere ai giovani delle nostre chiese, ai nostri figli, che viviamo per amare Dio e gli altri? Non dovremmo forse insegnare loro che ciò che va fatto o meno non rientra in una lunga lista di regole più o meno rigide, ma è frutto di questo rapporto?
 
Se i nostri ragazzi non vogliono andare in chiesa forse è perché non si sentono amati da Dio o non lo vogliono amare. Questo è il problema tragico!
Investiamo il nostro tempo, le nostre forze ed energie nei giovani, non per trasformarli in bravi ragazzi ma per far sì che conoscano e abbraccino l’amore di Dio e vivano per amare Lui e gli altri.

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