Quando si ha a che fare con adolescenti e ragazzi, spesso parliamo delle "cattive compagnie" (come se l'argomento non riguardasse gli adulti!).
Diciamo quindi di evitare certi posti e certe persone, e spesso di tratta di una lotta continua e difficile.
La Bibbia stessa ci mette in guardia dalle cattive compagnie, ma non dice solo questo.
In un bellissimo articolo dal titolo (tradotto con qualche libertà) "Il peccato non è contagioso come il raffreddore" Barnabas Piper parla di un concetto molto interessate (e preoccupante), la "quarantena culturale".
Molti cristiani vivono in una quarantena culturale perché "certe persone non si possono frequentare", "li non possiamo andare" e cerchiamo di imporre la stessa quarantena, forse anche con buone intenzioni, ai giovani.
Questo però ha una conseguenza, non proprio positiva: facciamo sentire gli altri "sporchi". Non è proprio il modo migliore per attirare le persone a Gesù che era famoso per essere "l'amico dei peccatori". Se osserviamo Gesù, Lui non ha mai approvato il peccato ma ha frequentato persone di cui noi ci vergogneremmo.
Forse è il caso di seguire il suggerimento dell'autore e vedere la questione da un punto di vista teologico. Il peccato è dentro di noi, siamo peccatori, redenti, ma pur sempre peccatori. Stare vicino ad altri peccatori, non ci "infetta". Noi possiamo scegliere di comportarci in un certo modo, possiamo decidere se seguire lo Spirito Santo o meno.
E' vero che La Bibbia ci invita a fuggire le tentazioni (classico esempio è la fuga di Giuseppe dalla moglie di Potifar), ma questo non vuol dire che dobbiamo evitare qualsiasi contatto con "i cattivi" e imporre la stessa cultura agli altri.
Educare vuol dire anche insegnare a prendere le giuste decisioni. A volte questo significa allontanarsi da certe persone e certi posti, spesso però vuol dire rimanere fedeli a Dio in mezzo a chi non lo è, senza mostrarsi superiori.
Noi siamo NEL mondo, i nostri ragazzi ancora di più. Questo non possiamo evitarlo, possiamo però insegnar loro come scegliere il meglio (non peccare) e fidarci di loro, di ciò che abbiamo insegnato e di Dio che lavora nelle loro vite.