“Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi e io vi darò riposo” (Matteo 11:28)
Quante volte ci siamo rifugiati in questa promessa, cercando e trovando il riposo promesso! Quante volte abbiamo usato questo passo per incoraggiare altri.
È interessante notare che qui Gesù non specifica il tipo di stanchezza o di oppressioni a cui fa riferimento. È evidente che il primo motivo di stanchezza e oppressione è certamente il peccato che ci separa da Dio, ma credo che non sia tutto qui.
C’è una particolare categoria di persone che, a mio modo di vedere, possono rientrare tra gli “stanchi e oppressi”: sono gli adolescenti. E non dico questo per la loro cronica stanchezza (solitamente situazionale), la reticenza con cui lasciano il letto. È vero che l’adolescenza è una fase di grande cambiamenti fisici che porta anche a stanchezza fisica, ma penso ad altro.
Come già detto l’adolescenza è un periodo di grandi trasformazioni fisiche e mentali, che portano i ragazzi a dover gestire un nuovo corpo, nuove sensazioni, nuove emozioni, spesso esserne pronti.
Quella che si chiama “perdita del corpo da bambino” è un forte trauma, specie in una società in cui l’industria del bello pone modelli (e modelle) il cui corpo è “perfetto”, ideali che molti vorrebbero raggiungere, senza sapere che spesso tra la realtà e le foto patinate c’è tanto lavoro di photoshop.
I maschi hanno un’esplosione ormonale, forti pulsioni sessuali che non hanno provato prima, un’aggressività nuova.
La loro mente comincia a conoscere il pensiero astratto e si aprono a loro nuovi orizzonti e si sentono stretti tra il bisogno di emanciparsi dai genitori, dagli adulti, e la paura di pensare da soli.
E questi sono solo alcuni aspetti. Molto spesso il risultato di questo è sentirsi inadatti, sbagliati, impauriti anche da se stessi. Da una parte c’è un’etica cristiana che non è mai stata così difficile da seguire! Il loro stesso corpo, i loro sogni (spesso indotti dai media) si scontrano con questo.
Ogni giorno per un adolescente può essere una lotta contro la società, per farsi accettare dagli altri e da se stesso.
Quanto hanno bisogno del riposo di Cristo!
Ma come fare a farglielo capire? Come possono queste parole diventare reali?
Dio ha scelto un modo a dir poco bizzarro per mostrarsi sulla terra: noi, imperfetti discepoli di Cristo, con tutti i nostri fallimenti.
È compito di ogni credente, a maggior ragione di noi che stiamo a stretto contatto con i ragazzi, accoglierli, così come sono. Mostrare loro che, prima di tutto, in Cristo c’è accoglienza, amore, incondizionati.
Se, come è vero, Cristo li ama così come sono, li accetta così come sono, a noi il compito di essere la dimostrazione pratica di questo.
È chiaro che dobbiamo puntare a Cristo, mai a noi stessi, ma rendiamoci conto che Dio ci chiama a essere coloro che rendono tangibili le verità bibliche.
Non vuol dire accettare il peccato, questo mai (ma vale anche per il nostro), ma accogliere la persona, con i suoi peccati, le sue difficoltà, la sua stanchezza.
Che i nostri incontri di gruppo o di singoli, possano essere di riposo per i ragazzi. Aiutandoli anche a capire cosa accade nella loro testa, che non sono diversi dagli altri (pensiero costante in un adolescente), che ce la possono fare anche loro a gestire tutte queste novità in modo da onorare Dio.
Filippesi 2:3 ci invita a stimare, con umiltà, gli altri superiori a noi stessi.
Che messaggio potente, che impatto violento può essere per i ragazzi vedere che noi adulti, che forse loro vedono come “quelli spirituali”, li stimiamo, più di noi stessi!
Il cuore del ministero con i giovani (e di ogni altro ministero credo) è proprio questo: mostrare in pratica l’accettazione e l’amore di Dio per loro, poter dire “pensi che io ti voglio bene e ti stimo? Beh questo è niente in confronto a quello che pensa Dio di te”
Accettiamoli e stimiamoli, diventando segnali indicatori per l’amore di Dio e, tra le altre cose, conquisteremo la loro stima e rispetto, che ci danno la possibilità di essere rilevanti nella loro vita.